mercoledì 3 ottobre 2012

Digital Rights Management


   Non se ne parla più tanto ma alla fine, fra un aggiornamento e l'altro, Microsoft c'è riuscita a rifilarci i DRM. Ecco quello che, dopo gli ultimi aggiornamenti, capita cercando di vedere un normalissimo
DVD, originale e non copiato, sul PC di mia moglie, con VISTA.
   Il disco, ci tengo a sottolinearlo, non era copiato, ed allora perchè mai tutte queste difficoltà nel riprodurlo? Semplice, per prevenire la copiatura abusiva di un film protetto da diritto d'autore se anche un solo anello nella catena di riproduzione gestisce i DRM, il video non può essere riprodotto se tutta la catena non è sicura, in modo da prevenire l'eventuale grabbing di quanto riprodotto a livello digitale. Ora, intendiamoci, io non sono per niente contrario al fatto che chi produce un'opera sia tutelato nei suoi diritti, ma questo diritto alla tutela non deve essere esercitato a scapito del mio diritto di godere del bene acquistato e di poterne fare, come sancito dalla legge, una copia di back up.
   Godere del bene acquistato in questo caso significa, a mio parere, poterlo usare su qualsiasi PC o lettore di DVD senza complicazioni inutili; poterne fare una copia di back up significa, e su questo mi sembra che non possano esistere dubbi, poter duplicare il disco senza che per questo la riproduzione sia vincolata ad uno specifico hardware o degradata; poter decidere in un qualunque momento di cedere ad altri i miei diritti su quanto regolarmente acquistato, o di prestarli, esattamente come potrei fare per un libro.
   Questi diritti, che sono stati spesso contestati delle varie case cinematografiche, sono sanciti dalla legge, e non è legale limitarli in alcun modo.
   Per difendersi dalle copie abusive la strada c'è, basta perseguire a norma di legge chi le diffonde o, più semplicemente, fornire il proprio prodotto ad un prezzo ragionevole, in modo tale che l'acquisto sia preferibile anche solo per avere la confezione originale ed un disco di qualità. Se però duplico un DVD in modo da poterne godere anche nel caso l'originale venisse rovinato, agisco in modo lecito e non desidero che nessuno me lo possa impedire. Tanto meno voglio trovarmi in vacanza al mare, in un giorno di pioggia, e non poter riprodurre il film scelto dai bambini solo perchè con l'ultimo upgrade windows media player, evidentemente paranoico, si è fatto cogliere dal sospetto che il driver della scheda video possa mettere a disposizione il film in formato digitale ad un eventuale programma di grabbing.
   Riflettiamo un attimo: se avete fame andate in un negozio, comprate qualcosa da mangiare e ve lo cucinate, o andate a ristorante, vi sedete e mangiate. L'idea di rubare non vi sfiora neanche, perché? Semplice, perché potete avere il cibo ad un prezzo ragionevole e proporzionato al suo valore. Peccato che non sia lo stesso per la musica o per i film. Gli artisti sono pagati sempre meno, ma il prodotto finito costa sempre di più
   "Borland", nota casa di produzione di compilatori che, negli anni 80, ha venduto milioni di copie del suo turbo pascal, aveva una forma di licenza basata sul buon senso detta "no nonsense licence". Questa licenza equiparava il software ad un libro e consentiva ai suoi proprietari di trattarlo proprio come tale. Borland, perfettamente consapevole delle difficoltà legate ad una "imposizione" delle regole, preferiva invogliare la gente ad acquistare fornendo un grande quantitativo di documentazione originale e vendendo a prezzi ragionevoli. La Borland ha venduto milioni di copie dei suoi turbo pascal, paradox, turbo C, Borland C++ e Delphi. Poi, quando la qualità dei prodotti della concorrenza è divenuta simile alla sua, è stata lentamente ma inesorabilmente assorbita da altre case ma, fino a che ha avuto un prodotto di qualità superiore, non è stata certo la sua particolare forma di licenza a crearle difficoltà.
   Il problema, con l'industria cinematografica e discografica, nasce dal fatto che la distribuzione è il business maggiore e che aggiunge al costo originale, che sarebbe anche ragionevole, un overhead tale da rendere appetibile la copiatura. Voglio dire, perchè mai dovrei prendermi la briga di duplicare un DVD spendendo circa un euro per una copia compressa e su un media molto meno duraturo dell'originale, se potessi avere l'originale per 5 euro? Potrei farlo, certo, se fossi molto povero, ma se fossi molto povero, del resto, non comprerei comunque l'originale, piuttosto ne farei a meno e di conseguenza l'aver copiato il disco non danneggerebbe certo l'autore. Se però la distribuzione fa la parte del leone, se il prezzo lievita fino a 25 o 30 euro, ecco che la copia diventa una tentazione. La soluzione al problema della copia di film e dischi non sta nel DRM nè, tanto meno, nel TPM, ma nell'eliminazione di vampiri come Microsoft, Sony, Disney ed Apple che lucrano sul lavoro di altri in modo scandaloso.


   Vediamo un attimo cosa potrebbe succedere sui PC del futuro (non tanto lontano) continuando su questa china. Potrebbe non esserci consentito di fare le cose che facciamo normalmente (connetterci ad internet, scaricare dati o musica, riprodurre film su DVD e così via) senza passare attraverso un "trusted software stack". Il Trusted software stack, composto da un insieme di programmi sicuri, ci impedirà di commettere infrazioni, certo, ma quali saranno queste infrazioni? Sarà da considerarsi una infrazione, ad esempio, quella di scaricare un altro software in grado di aggirare queste limitazioni? E se sì, come mi si impedirà di farlo? Dichiarando "insicuri" tutti i download non "certificati"? E chi deciderà cosa è sicuro e cosa no? Mi sembra che in questo modo emergeranno subito due grossi problemi:
  1. Quello della limitazione della libertà, come una sorta di carcerazione preventiva che ha lo scopo di impedire alla gente di commettere un reato;
  2. Quello delle certificazioni, perchè se ci deve essere qualcuno che certifica la fiducia in un software, anche ammesso che sia possibile certificarla ed in proposito ci sono molti dubbi(1), la procedura non sarà certo alla portata di tutti e, in questo modo, scrivere software diventerà possibile solo alle grosse compagnie. Del resto tentativi in questa direzione sono già stati fatti tentando, ad esempio, di estendere in Europa la brevettabilità del software e questo è solo l'ennesimo attacco sferrato dalle grandi compagnie contro chi ancora si permette di proporre alternative ai loro prodotti.
   Chi saranno, cioè, i veri beneficiari di questa politica? La parola "trust", fiducia, è quasi una presa in giro in questo caso. Chi deve avere fiducia nel sistema, noi, certi che nessuno possa violare i nostri dati, o un piccolo gruppo di multinazionali, certe che noi, con i nostri computer, pagati con i nostri soldi, non si possa fare nulla che loro non vogliano?

(1) Nell'ottobre 2007 è stata scoperta una falla di sicurezza basata sul buffer overflow nei servizi forniti dal modulo TPM installati sui Notebook IBM ThinkPad che permetterebbe l'esecuzione di codice arbitrario attraverso pacchetti HTTP. IBM ha consegnato tutti i dati relativi alla falla a Lenovo per la risoluzione del problema. A dicembre 2007 non sono disponibili ulteriori informazioni al riguardo. [Wikipedia alla voce TPM] Da softwarista mi verrebbe da pensare che nessuno commette leggerezze del genere per errore. L'overflow dei buffer è uno dei punti di attacco storicamente preferiti e di conseguenza a quelle cose ci si guarda sempre due volte, sempre che non si voglia lasciare volontariamente una porta aperta...alla faccia del "trusted" [considerazioni mie]


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