giovedì 30 maggio 2013

Un giro in Argentina

Una cosa che agli argentini non manca proprio è la fantasia
   E' successo così, all'improvviso, un concorso interno, mia moglie che partecipa e adesso siamo qui, a cercar casa a Buenos Aires. Non sarà facile, questo si è capito da subito, perché Buenos Aires non è l'Argentina, Buenos Aires è una cosa a parte. Ventiquattro milioni di abitanti, poco più di un paio nella capitale federale, fatta di quartieri buoni con persone che hanno buoni impieghi ed il resto nella grande BA, un mostro che circonda la capitale federale e che è composto da quartieri di gente
comune e villas miserias che si alternano e, spesso, si fondono assieme. In questa città pui trovare tutto ed il contrario di tutto. Puoi incontrare per la strada persone che si fanno in quattro per aiutarti o delinquenti che fanno della rapina più o meno violenta il loro modo di sopravvivere. Puoi incontrare i "cartoneros", che svolgono il più umile dei lavori umili rovistando nei cassonetti in cerca di materiali riciclabili e puoi vedere gli inutili (mica siamo al polo nord no?) visoni sulle spalle di coloro che possono e che non si fanno remore di ostentare, per poi trovarsi a poter girare solo in certe strade ed a certe ore e ad avere la vigilanza armata sotto casa.
   Una città dove il contrasto la fa da padrone, con pregi e difetti portati al paraossismo e dove puoi mangiare una bistecca gigante in un piccolo ristorante con meno di dieci euro vino compreso (e che bistecca) o andare a mangiare al club frances o al circolo italiano e spendere dieci volte tanto in cambio di una mediocre imitazione del cibo di casa nostra. Una città dove il macinato bovino di prima scelta costa, nei migliori negozi, l'equivalente di meno di tre euro al chilo e dove un mezzo chilo di pasta de cecco costa più o meno la stessa cifra.
   Il primo impatto, ovviamente, non è da poco. Innanzi tutto a Buenos Aires non parlano castillano, parlano porteño, una lingua completamente diversa non tanto per i vocabili, allo slang ci si abitua in fretta, quanto per la pronuncia che, quando parlano stretto, diventa di ardua comprensione. E poi c'è il fatto che non sei lì come turista e che pensi che fra un paio di mesi dovrai andare a vivere in quella città, portandoti dietro moglie, figli e gatto. Fai la fila ad immigracion o negli uffici della dogana e pensi che dovrai riorganizzarti la vita ed il lavoro perché, se é vero che tua moglie rimane dipendente della sua attuale amministrazione, tu dovrai trovare il modo di proseguire il tuo lavoro a mezzo mondo di distanza ed i tuoi soci non sono per niente felici di questa scelta. Provi a prendere la metropolitana nelle ore di punta (improponibile) i ti inizi a domandare come farai per la mobilità. Ti rendi conto che per uscire dalla città ti servirà una macchina e ti domandi se ti converrà portartela da casa o comprarne una lì e, già che ci sei, ti poni le stesse domande per gli elettrodomestici. Esplori i supermercati, ti domandi come cambierà il tuo modo di cucinare visto che gli ingredienti più comuni non sono gli stessi che sei abituato ad usare a casa e ti domandi chi saranno i tuoi nuovi amici.
Buenos Aires o Tirolo?
   Poi iniziano ad arrivare le prime risposte e tutto prende una forma più sensata. Le cose si incastrano e riesci a pianificare quello che dovrai fare nei prossimi mesi. Inizi a conoscere gente, fai amicizia con qualche persona che, come te, si è andata ad infilare volontariamente in questa avventura in capo al mondo e con gente del posto ed impari persino a raccapezzarti nella tabella dei colectivos (gli autobus), in appendice alla mappa della città. Ti presentano molte persone perché, quasi come nel nostro meridione, la società di Buenos Aires sembra composta da una rete molto stretta di conoscenze e, appare chiaro da subito, o sei dentro o sei fuori e, se sei fuori, che Dio ti aiuti. 
   Poi, in un lampo, passano i 15 giorni che ti sei dato per questa visita preliminare e ti ritrovi sull'aereo in rotta verso l'Italia, con l'agenda piena di appunti sulle cose da fare e di indirizzi. Hai più di 20 ore, fra il volo e la sosta a Madrid, per riorganizzare le idee, ma il caos che hai nella testa richiede tempo per essere metabolizzato. Di due cose sole, per ora, puoi essere certo: la prima è che hai di fronte una bella impresa e la seconda è che sì, credevi di andare in Argentina ed invece sei finito a Buenos Aires ma comunque, alla fine, sarà lo stesso una bella esperienza.

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