martedì 8 ottobre 2013

Argentina

Boca, un quartiere in degrado che riserva molte sorprese
   Sono qua da un mese, ed ancora non mi sono fatto un'idea di questo paese...neanche di questa città del resto. Mi piace, non mi piace? Troppo presto per dirlo. La politica della presidenta, come la chiamano qua, è buona o cattiva? Troppo presto per dirlo. Le villas (come qua chiamano i bassifondi) sono covi di criminalità dove non esiste nessun rispetto per la vita o solo i posti dove si trova la povera gente? Troppo presto per dirlo, anche se propendo per la seconda ipotesi. Gli argentini mangiano bene o male? Ecco, questo posso dirlo, gli argentini mangiano
mediamente male (alcuni male ed alcuni malissimo, secondo i nostri standard)  e, tolta la carne ai ferri, non sono assolutamente in grado di cucinare tutto il ben di Dio che hanno (specie se consideriamo che anche con la parilla, come qua chiamano la griglia, non sono poi questo gran che). Ecco, qua subito cade il mito, gli argentini e l'asado. Bé, non so il cordero patagonico, ancora non ho avuto occasione di sentirlo, ma l'asado, almeno quello che propongono la maggior parte dei ristoranti in Recoleta, è un modo terribile per rovinare una mucca. Voglio dire, un bife de chorizo, per carità, si mangia volentieri, un bife de lomo pure. Il vacio, se si riesce a convincere il grigliaro, magari bastonandolo sulle mani, a lasciarlo un po' rosato, è una bontà e le costillas sono divine ma un asado...un asado è blasfemia. Non si possono cucinare assieme e, specialmente, non si possono servire assieme, interiora, pancia, salsicce di sangue e filetto. Capisco che la mucca sia sacra e che non si sprechi niente, per carità, vengo da un paese dove la carne costa circa dieci volte tanto che a Buenos Aires, sono abituato a non buttare nulla, ma non per questo cucino tutto allo stesso modo no?
   Ecco, gli argentini sono assolutamente privi di fantasia culinaria, come se per loro il cibo fosse sussistenza, non piacere. Hanno le mucche, dicono, migliori del mondo. Hanno nandù, jacarè, jabalì, cervidi e chissà che altro, eppure sanno fare solo bifes (bistecche), asado, milaneses (cotolette) ed amburghesas (svizzere), oppure tagliano tutta la mucca a pezzi, senza molta arte nel farlo, e sbattono tutto sulla graticola. Ed allora, ecco che dopo un po' di questa cucina approssimativa ti viene l'irrefrenabile desiderio di un buon ragù. Rinunciando subito a quello di cavallo (che qua non saprei dove andare a comprare) sono passato alla ricetta classica e, miracolo, il ragù, anche dall'altra parte del globo, è sempre buono. 
Il mio primo ragù australe
   Certo, al supermercato non c'era il doppio concentrato Mutti, ma la marca locale va benissimo e, in compenso, la pasta de Cecco non manca. La pancetta ho dovuto tritarla a mano ed il magro macinato una sola volta non l'ho trovato ma alla fine...mamma che buono. Ci voleva proprio un po' di cucina vera e così, il giorno dopo, ho comprato due filettini di maiale e li ho fatti arrosto (prima rosolati in padella con olio, aglio, paprika e rosmarino e poi cotti al forno con un po' di vino rosso). Buoni, delicati e teneri come devono essere i filettini, ce li siamo sbafati in un attimo con un contorno di patate al forno, e peccato che con il forno a gas non sia riuscito a grigliarle come avrei voluto.
   Ecco, questa dei forni a gas è un'altra cosa che non ho capito bene. Cioè, lo so che il gas qua costa poco, ma il forno a gas mi sembra veramente scomodo. Eppure qua tutti i forni sono a gas, il forno elettrico non sanno neanche cos'è. In compenso hanno tutti il microonde, accessorio che io considero quanto meno bizzarro, e ne hanno pure bisogno visto che in casa tendono a scaldare più che a cucinare.
   Va bè, basta, non voglio dire altro per ora, se non che il MALBA (il museo di belle arti) ha una collezione di livello europeo ed è assolutamente gratuito, e quando dico di livello europeo intendo dire che no, non è il Louvre, ma non sfigurerebbe comunque in una grande città europea e che conosco,  molte pinacoteche che, malgrado facciano pagare il biglietto di ingresso, non hanno una collezione neanche vagamente paragonabile a quella del MALBA; che il giardino giapponese non è male e che nel ristorante all'interno si mangia un ottimo sushi ma che il tempura non è all'altezza. Che quando c'è il sole i parchi si riempiono di gente che fa ginnastica, legge o semplicemente riposa e che se parli italiano c'è sempre qualcuno che ti ferma per dirti che si, suo nonno era italiano e che tu sei il benvenuto.
   Insomma, non la conosco ancora questa città che, non fosse altro per le dimensioni, non si fa certo scoprire tutta in una volta, ma quello che ho visto per ora non mi dispiace.

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